(Nella foto, la copertina del libro, tratta dalla pagina facebook della Libreria Les Mots)
A cura di Ilaria Sesana, giornalista
"Il corpo delle donne con disabilità". Intervista a Sara Carnovali, autrice del volume.
Alla locuzione “doppia discriminazione” Sara Carnovali, dottoressa di ricerca in Diritto costituzionale, preferisce usare il termine “discriminazione multipla” di tipo “intersezionale” per descrivere la discriminazione ai danni delle persone con disabilità: “Perché le conseguenze della discriminazione non sono riconducibili alla semplice sommatoria degli effetti che scaturiscono dai singoli fattori coinvolti” scrive nell’introduzione del saggio “Il corpo delle donne con disabilità. Analisi giuridica intersezionale su violenza, sessualità e diritti riproduttivi” pubblicato dalla casa editrice Aracne.
Il saggio si occupa di indagare un ambito ben preciso, ovvero i profili delle discriminazioni multiple vissute dalle donne e dalle ragazze con disabilità in ragione dell’intersezione tra fattore “genere” e fattore “disabilità”. Concentrandosi, nello specifico, sui diritti afferenti al corpo delle donne con disabilità.
I temi della violenza, della sessualità e della salute riproduttiva sono alcuni dei temi al centro di questo saggio che, partendo dall’analisi dei diritti umani delle persone con disabilità, si intreccia con le tematiche di genere e i “Feminist Disability Studies” per tratteggiare e analizzare quelle discriminazioni multiple di cui sono spesso vittime le donne con disabilità. Gli ambiti della violenza, della sessualità e dei diritti riproduttivi appaiono quelli in cui le discriminazioni vissute dalle donne con disabilità risultano particolarmente pervasive, nonché quelli meno esplorati dalla dottrina, che possono pertanto offrire nuovi o diversi campi di indagine per il contrasto alle discriminazioni multiple.
Per Sara Carnovali, il contrasto alle discriminazioni multiple rappresenta un elemento fondamentale per “implementare gli sforzi dell’ordinamento tesi alla garanzia, formale e sostanziale, dell’eguaglianza tra le persone”. Allo stato attuale, infatti, il diritto antidiscriminatorio fatica a inglobare le identità multiple (che riguardano, in fondo, ciascuno di noi). Servirebbe, invece, una maggiore attenzione alla complessità identitaria degli individui “che permetterebbe di attivare specifici strumenti di contrasto” alle discriminazioni di cui sono vittima alcune categorie di persone.
Il caso delle violenze, ai danni delle donne con disabilità, da questo punto di vista è emblematico. Solo in Europa vivono almeno 40 milioni di donne con disabilità (pari al 16% delle cittadine della Ue), tra queste si ritiene che almeno il 40% subisca o abbia subito violenze. Mentre i dati Istat riferiti all’Italia (2014) ci dicono che il 31,5% delle donne ha subito una violenza fisica o sessuale, percentuale che sale notevolmente se la donna presenta una o più disabilità. In caso di stupro o tentato stupro, il dato arriva addirittura al 10% tra le donne con disabilità (a fronte del 4,7% in caso di donne senza disabilità).
Un fenomeno ancora largamente nascosto, dove le vittime spesso subiscono in silenzio, con situazioni di abusi e violenze che durano nel tempo anche a causa della difficoltà, per le vittime, a trovare i supporti e i sostegni necessari per chiedere aiuto e denunciare anche per la presenza di barriere (fisiche e non solo). Gli spazi e i canali di comunicazione attraverso cui le donne con disabilità possono presentare denuncia, ad esempio, sono spesso inaccessibili alle persone con disabilità motoria o sensoriale (come può, ad esempio, una persona sorda contattare un numero verde?)
Il terzo e ultimo capitolo del libro affronta il tema della salute sessuale e riproduttiva delle donne con disabilità, sul delicato equilibrio tra la garanzia del diritto all’affettività e la tutela giuridica dei soggetti “fragili”. Un tema che trova pochissimo spazio nel dibattito pubblico -il tema della sessualità delle persone con disabilità viene spesso negato, in modo particolare quando l’argomento si declina al femminile- ma che richiederebbe invece maggiore attenzione e coinvolgimento anche da parte di famiglie e associazioni.